Manguel, se anche le favole hanno già raccontato il Covid
di Velania La Mendola
Il bibliofilo più famoso al mondo, Alberto Manguel, che ha appena pubblicato in Italia il suo ultimo libro Mostri favolosi. Alice, Dracula, Superman e altri amici letterari (Vita e Pensiero), ha deciso di donare la sua favolosa collezione di 40 mila volumi alla città di Lisbona. Un evento culturale straordinario per la nostra Europa, un “miracolo” secondo lo scrittore che George Steiner definiva il “Don Giovanni delle biblioteche”, come ci racconta nell’intervista.
La sua biblioteca era la protagonista del suo libro precedente, Packing my library (ed. it. Vivere con i libri, Einaudi), dove appunto era stata impacchettata per un trasloco, allora, senza precisa destinazione. Ora le casse sono in viaggio, insieme al loro proprietario, che inizia un capitolo tutto portoghese della sua vita. I mostri favolosi hanno trovato casa?
Direi di si. Lisbona ha magnifiche collezioni librarie in lingua portoghese e una rete di biblioteche pubbliche molto efficente. Tuttavia non ha una biblioteca multilingue, come è la mia. Allora Fernando Medina mi ha proposto di traferire la mia biblioteca in un bellissimo palazzo, che porta il nome del Marqués de Pombal, dove nascerà anche un Centro per lo studio della lettura. C’è anche un budget a disposizione per ristrutturare quest’edificio: ma in realtà non c’è molto lavoro da fare, essenzialmente pitturare le pareti e costruire gli scaffali che accoglieranno i libri. C’è anche un fondo a disposizione per nuove acquisizioni, essenziale perché una biblioteca si mantenga viva. Inoltre saranno assunti bibliotecari specializzati e io sarò nominato direttore del Centro. Per me è come un miracolo: recupererò il mio paradiso (nel senso borgesiano della biblioteca) e la sua resurrezione avverrà nel Paese degli antenati di Borges. Una coincidenza incredibile, stupenda, impossibile.
Com’è nato questo felice incontro?
È stata la mia editrice portoghese, Bárbara Bulhosa della casa editrice Tinta-da-china, a iniziare il progetto. Sapeva della sorte dei miei libri che erano rimasti inscatolati dal 2015, perché avevo pubblicato in portoghese il mio libro Mientras embalo mi biblioteca. Bárbara è andata a trovare il sindaco di Lisbona, Medina appunto, con la proposta di trovare un luogo per la mia biblioteca nella sua città. Medina è un politico giovane, che sa tenere in equilibrio saggiamente le necessità pratiche dei suoi cittadini insieme a un grande interesse per la cultura. Il suo obiettivo è trasformare Lisbona in un grande centro culturale; un percorso già iniziato dal suo predecessore, Antonio Costa, che aveva donato la bellissima Casa dos Bicos alla vedova di José Saramago, Pilar del Rio, per stabilire lì la fondazione che porta il nome dello scrittore. Medina ha capito subito l’importanza internazionale di un Centro per lo studio della storia della lettura (che è la mia materia).
Qual è il libro più prezioso per lei tra questi 40mila?
Impossibile decidere. Porto con me una piccola edizione della Commedia in tre volumi perché leggo un canto ogni mattina. Ma non saprei dire se questi sono i volumi più preziosi tra tutti.
In Mostri favolosi ogni capitolo è dedicato a un personaggio letterario, da Robinson Crusoe al Capitano Nemo, dal marito di Madame Bovary a Faust, da Superman al gobbo Quasimodo: è stato difficile limitare la selezione a 39 ritratti?
Il principale difetto della biblioteca universale è che è quasi infinita, quindi qualsiasi selezione implica sempre l’oblio o la censura. Certo, avrei potuto aggiungere cento o mille personaggi in più. Ma un libro è soprattutto un oggetto limitato e nessun libro, tranne il Libro di Sabbia, può contenere tutto.
Tra i “mostri favolosi” ci sono anche personaggi tratti dalla letteratura popolare, dalle favole: Cappuccetto Rosso, La Bella addormentata, il nonno di Heidi… Calvino diceva che le fiabe “sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi d’un destino”. Per lei cosa sono le favole oggi? E quali abitano ancora il nostro immaginario comune?
Le favole, le fiabe, sono i nostri testi essenziali e contengono la saggezza di base della nostra esperienza umana. Il nostro atteggiamento in questa epidemia è già stato raccontato in I vestiti nuovi dell’imperatore di Andersen (per coloro che si rifiutano di riconoscere la realtà scientifica), così come quello di coloro che accettano che saremo rinchiusi per almeno un altro anno (vedi La bella addormentata). La deliberata malvagità di un Trump o di un Bolsonaro si incarna in Barbablù, che non vuole che apriamo la porta che nasconde la prova dei suoi crimini; il sacrificio e il martirio del corpo medico è incarnato nel Fedele Giovanni dei fratelli Grimm, che si sacrifica per il suo re.
La parola mostri del titolo, monster, è certo una citazione di Carroll dal delizioso dialogo tra Alice e l’Unicorno, e rimanda all’idea di qualcosa di mitico. Tuttavia scorrendo le pagine sembra dare un nuovo significato alla parola mostro, specie quando parla della Chimera o di Frankenstein, che non a caso compare al suo fianco nella vignetta nella bandella. Cosa significa la parola mostro per lei? Chi sono i mostri dentro e fuori le pagine?
La parola mostro è problematica, perché sebbene etimologicamente significhi “un prodigio che riflette la volontà degli dei” e da qui “avvertenza, monito”, ne abbiamo alterato il significato per denotare qualcosa o qualcuno che è malvagio, inumano. Questo è un errore. I mostri sono esseri straordinari, buoni o cattivi, a seconda del nostro giudizio, ma sempre prodigiosi. Quindi, per l’Unicorno che non ha mai visto una bambina, Alice è un prodigio, come lo è l’Unicorso per Alice. I personaggi dei romanzi sono “mostri” nel senso che sono unici.
In Italia sono iniziati i festeggiamenti per i 700 anni dalla morte di Dante, che avranno il loro culmine l’anno prossimo. Dante e i suoi personaggi non sono inclusi nella sua galleria ma il “divin poeta” ricorre più volte in questo libro. Quando ha letto per la prima volta la Divina Commedia?
Ho provato a leggere la Commedia durante la mia adolescenza e non riuscivo a finirla. Ma i libri sono molto pazienti: ci aspettano. E Dante mi ha aspettato fino a quando ho compiuto sessant’anni e una grave malattia mi ha costretto a non muovermi di casa. E così ho deciso di provare a leggerla di nuovo. Da allora, non mi ha più abbandonato. Così ho scoperto nella Commedia il libro totale.
Se dovesse scegliere un canto tra i 100 quale sceglierebbe e perché?
Scegliere una cantica tra le cento è molto difficile. Forse sceglierei il secondo Canto del Purgatorio: per l’arrivo della barca delle anime che inizia come “un non sapeva che bianco”; l’incontro di Dante con Casella e l’abbraccio, così sentito e frustrato; Casella che in un implicito omaggio all’amico canta le parole dello stesso Dante; la magia di quella musica che d’improvviso ferma le anime che stavano cercando ardentemente la strada per ascendere; la sfida del severo Catone; la dispersione di quelle anime come colombe spaventate; la vergogna di Virgilio. Questo canto mi commuove fino alle lacrime.
La pandemia che abbiamo vissuto e stiamo tuttora vivendo ha acceso, giustamente, i riflettori sulla scienza medica e sugli scienziati in generale, con una deriva a volta oracolare e la pretesa che essa abbia immediatamente ogni risposta alle mille domande prodotte dal Covid. Che fine fa la letteratura? Qual è il suo posto in questa nuova fase del secolo?
Il ruolo che ha sempre avuto: ricordarci che cosa significa essere umani. Sopravvivere non basta: dobbiamo sopravvivere coscenti dei migliori e dei peggiori tra noi, sopravvivere come società, avendo sempre cura del nostro fratello Abele.